Il Museo Nazionale d’Abruzzo al Borgo Rivera
Lucia Arbace, Mauro Congeduti
Il Museo Nazionale d’Abruzzo al Borgo Rivera
Quaderni a cura del Polo Museale dell’Abruzzo
La guida illustra le opere ospitate nella nuova sede del Museo Nazionale d’Abruzzo nella sede dell’ex-mattatoio comunale, a due passi dalla Fontana delle 99 cannelle.
Una selezione rigorosissima di oltre cento opere, praticamente quasi tutti i capolavori del Museo Nazionale d’Abruzzo, che aveva sede nel Castello cinquecentesco. Opere, di diverse epoche e tipologie, rappresentative della varietà e qualità delle collezioni di un museo che illumina la storia dell’intera regione.
Si parte da una sezione archeologica, con manufatti che fanno luce sulle straordinarie civiltà fiorite nel territorio, per connotare le diverse identità delle genti italiche, come ad esempio i Vestini, i Marrucini, i Marsi, i Peligni, tanto per citare quelle più note. I mascheroni in osso appartenuti a uno degli straordinari letti scavati a Fossa, la lotta di gladiatori scolpiti nella pietra, tra le più antiche scene di questo tipo ad oggi pervenuta, i monili in oro, i dischi in lamina di bronzo lavorato sono alcune delle mirabiliae esibite nella prima sala. La novità risiede però nell’esposizione di oggetti mai presentati finora, rinvenuti durante le campagne di scavo nell’ultimo decennio, che aggiornano e a volte ridisegnano il panorama non solo aquilano ma anche abruzzese.
La porta a due battenti proveniente da Campovalano di Campli introduce in un coloratissimo e raffinato Medioevo. Hanno i tratti austeri delle regine di Bisanzio le Madonne più antiche, rivestite di sontuose vesti ma umanissime nell’allattare il figlio. Il percorso illustra la fase angioina e si snoda attraverso una sala complessa e ricca di opere che dalla fine del XIV secolo ci traghettano verso il pieno Rinascimento. Alla stagione del tardogotico appartiene la “perla” del Museo nazionale d’Abruzzo: il Trittico di Beffi. Si tratta di un raffinatissimo esempio di pittura su tavola intriso di suggestioni europee della pittura cortese, così diffuse al tempo unite ad una eccezionale dichiarazione di appartenenza al territorio. Il periodo della monarchia aragonese all’Aquila, segnato dalla presenza di san Bernardino 1415 da Siena, ha portato notevoli frutti a seguito dell’evangelizzazione promossa dall’Osservanza francescana che si riflette in una produzione artistica incline, con l’avanzare del Quattrocento, a scelte più narrative, intrise di un naturalismo che lascia sgomenti per la capacità di restituire un volto umanissimo alle immagini sacre. Il Bambin Gesù è un vero neonato paffuto, San Sebastiano un giovanetto aitante ma dal corpo efebico, totalmente imberbe. Nelle sezioni dedicate al tardo Cinquecento e al Seicento, così come in quella della fase rinascimentale, non poche opere esibiscono fieramente la loro nuova condizione conservativa, recuperata dopo sapienti restauri. Uno tra tutti va ricordato: quello legato al recupero di un dipinto pronto per la discarica, visto il profondo e irrecuperabile degrado in cui versava; dopo essere stato massacrato dai muri crollati, era rimasto per mesi all’aperto, sotto l’acqua e l’ultima neve di quella inclemente primavera aquilana. La pala con la Madonna e santi di Giovanni Paolo Cardone, proveniente da una distrutta
chiesa cappuccina, è la risposta più eloquente a come gli interventi di restauro condotti da mani professionali e amorevoli possano restituire una nuova vita a opere condannate alla distruzione. La tela lacerata è stata sottoposta a studi approfonditi che hanno portato alla ricomposizione dell’immagine.
Tante altre le opere restaurate e condotte a nuova vita che ora possono essere ammirate all’Aquila.
Dicembre 2015
ISBN9788897131151
Prezzo euro 16,00
bellissimo quaderno duvulgativo, ricco di bellissime foto e testi assai interessanti